Il Rituale 5 - Massa Carrara Trasgressiva

Il Rituale 5 - Massa Carrara Trasgressiva

Matteo aveva appena finito una telefonata importantissima quando il telefono squillò di nuovo. Era suo padre che lo cercava, doveva presentarsi a casa dei genitori quella stessa sera.
Era la serata del Rituale, quel rituale che portavano avanti di nascosto da anni. La sua non era una famiglia strana, i genitori avevano sempre lavorato, operai, gente povera abituata al sacrificio. Da questa vita di sacrifici erano nati due figli, per la precisione un figlio di 30anni, Matteo, e una ragazza di qualche anno più piccola, Marianna. Erano due gemme splendenti, due figli che avevan sin da bambini dato grandi soddisfazioni alla famiglia. Matteo si era sposato da qualche anno con una ragazza della sua età, Marianna invece frequentava un ragazzo ma non era ancora del tutto certa di volerlo sposare.

Quella sera avrebbero parlato tutti insieme anche di quella situazione. La famiglia voleva che Marianna si sposasse. Tutte le decisioni importanti venivano prese durante Il Rituale. In pratica il padre di Matteo si vestiva di abiti cerimoniali e chiedeva agli Dei come avrebbero dovuto affrontare la vita, nello specifico chiedeva come avrebbero affrontato il mese successivo. Erano tre anni che facevano queste invocazioni agli dei, sicuri di ottenere la risposta giusta alle proprie esigenze.
Si ritrovarono nel salotto della casa paterna. Matteo accompagnato dalla moglie, Marianna e il fidanzato e ovviamente i genitori dei due ragazzi. Si tenevano per mano, stretti in cerchio, ad occhi chiusi, con delle candele ai bordi della stanza ad illuminare il buio nel quale erano immersi. Il padre di Matteo recitava strani versi incomprensibili che sembravano rubati a qualche lingua antica mentre gli altri presenti annuivano e rispondevano con suoni gutturali.
Il padre di Matteo lasciò le mani della moglie e si piazzò in mezzo al cerchio, guardò negli occhi uno ad uno i presenti e prima di proferire parola rimase qualche minuto in spettrale silenzio.

- Gli Dei mi hanno parlato. Per avere giorni propizi dobbiamo offrire loro un sacrificio. Gli Dei vogliono che io penetri i vostri buchi del culo col mio enorme pene cerimoniale.

I presenti annuirono come ogni volta. Il sacrificio che gli Dei chiedevano era sempre il medesimo, il padre di Matteo in veste da gran sacerdote doveva inculare i presenti e solo allora gli Dei avrebbero garantito pace e prosperità alla famiglia.
La prima a mettersi in posizione fu la madre dei ragazzi, nonché consorte. Divaricò le gambe e aiutandosi con lo schienale di una sedia incurvò la schiena di quanto bastava per poter essere sodomizzata dal marito. Non le piaceva come posizione, le faceva anche un po' male e a oltre 50anni non era più una ragazzina snodata. Il marito iniziò a penetrarla con foga e furore mentre gli altri osservavano il rito in religioso silenzio. Il gran cerimoniere emetteva rantolii di godimento misti ad antiche formule propiziatorie mentre la moglie accettava di buon grado questa ennesima mensile inculata. Il fidanzato di Marianna passò indenne la sodomia, da quando si era fidanzato con la ragazza era abituato a questo strano rituale, sulle prime gli era sembrata una cosa perversa e dolorosa, poi sotto sotto non gli dispiaceva esser trapanato dal grosso uccello del futuro suocero. Matteo fu il terzo. Abbassò i pantaloni e si mise in posizione, con l'enorme culo peloso diretto verso il regale membro paterno. Il padre sodomizzò il figlio e si lasciò scappare un sorriso di paterna soddisfazione. Ke ultime due erano la figlia e la moglie di Matteo. Poi il rituale si sarebbe concluso. Prese con potenza i fianchi della figlia e iniziò a spingere il pisello nel culo con ritrovato vigore giovanile mentre i presenti guardavano la scena accompagnati dai rumori sottili della voce di Marianna che invitava il padre a usare meno forza nel suo culo.

L'ultima era la moglie di Matteo. Con la ragazza, si sarebbe concluso il rituale e gli Dei avrebbero dato la loro benedizione alla famiglia. La giovane si era spogliata completamente nuda, come richiedeva il cerimoniale. Si era cosparsa il buco del culo con del burro e si era posizionata per terra, col culo in alto, pronta a ricevere il cazzo del suocero nel culo. L'uomo, col pisello ancora in tiro infilò il cazzo in quel bel buco del culo giovane e sodo e cavalcò la ragazza come nemmeno il figlio faceva con quella giovane puledra. La moglie del figlio amava quel rituale pagano, si sentiva realizzata come donna e le piaceva che gli altri fossero in cerchio a guardarla mentre veniva posseduta da dietro dal suocero. Le piaceva soprattutto incrociare maliziosamente gli occhi col marito, che si mordeva le labbra per gelosia ed eccitazione. Incrociava pure gli occhi con la suocera, cercando di carpire i pensieri di quella donna che una volta al mese era costretta a vedere il marito che inculava beatamente la figlia e la nuora davanti ai propri occhi.

Ovviamente il rituale doveva concludersi con l'offerta agli Dei di un calice di sperma. Il padre di Matteo stava per venire, ma come da tradizione non avrebbe sborrato sulla giovane. Matteo prese un calice e si mise in ginocchio sotto il padre mentre l'uomo sborrando, riempiva di schizzi non solo il calice ma anche le mani del figlio. Matteo prese il calice pieno di sborra ancora calda e lo offrì alla moglie, la quale ingurgitò la sborra. Bevuto il contenuto levò il calice al cielo, come voleva il cerimoniale.
Si guardarono negli occhi pregarono gli Dei e ognuno tornò nelle proprie abitazioni.

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